Corretta alimentazione
Tutto quello che si deve sapere
sull'alimentazione di Michele Carruba past-president della Società italiana
dell'obesità direttore del Centro studi e ricerche sull'obesità dell'Università
di Milano (Tratto da Nova-Il Sole 24 Ore)
Che cos'è una dieta?
Oggi la dieta non esiste più perché nell'accezione comune il termine è recepito come un regime alimentare restrittivo per ridurre l'apporto calorico. Bisogna invece recuperare la sua dizione greca originaria, "diaita", che significa "stile di vita", perché l'alimentazione non riguarda solo le calorie che ingeriamo, ma investe una sfera di comportamenti complessi di cui anche l'attività fisica è una parte importante e più che con lo stomaco ha a che fare con la nostra mente. Se lo scopo è dimagrire non bisogna ridurre semplicemente le calorie, ma correggere il comportamento alimentare dopo avere individuato gli errori. La perdita di peso è più lenta, ma più duratura e salutare.
Molte diete sottraggono intere classi di alimenti
come latticini o carboidrati. Quali possono essere i rischi?
I pilastri di qualsiasi alimentazione sono la varietà, la regolarità e il bilanciamento tra macronutrienti. Ciò significa che al nostro organismo servono in media il 55-60% di carboidrati, al massimo un 30% di grassi e un 10-15% di proteine. Bilanciamento significa che alterando queste proporzioni costringiamo il nostro organismo a trasformare proteine in carboidrati, ad esempio, con un notevole stress. Varietà vuoi dire che abbiamo bisogno di sali minerali, sostanze antiossidanti, vitamine e acidi grassi polinsaturi che, se mancano, il nostro organismo non è in grado di fabbricare. Una dieta dissociata è perciò squilibrata per definizione se non motivata da una particolare e ben documentata intolleranza. A questo proposito, una delle più frequentemente diagnosticate per ridurre grassi è l'intolleranza ai latticini, ma il rischio è l'impoverimento di calcio della dieta. Con troppe proteine si corre invece il rischio di danneggiare i reni.
Oggi vanno molto di moda regimi "detossificanti"
per eliminare tossine accumulate nell'organismo. Hanno un fondamento
scientifico?
Da un punto di vista scientifico non hanno alcun senso. Di fronte a un'intossicazione da alcol, da funghi o da sostanze tossiche agirò di volta in volta in maniera diversa, ma non esiste un'intossicazione da grassi. O meglio, nell'alimentazione esiste una tossicità intrinseca degli alimenti, come zuccheri semplici e lipidi, che però non si manifesta nel breve termine, ma quando l'accumulo prosegue per anni. Per essa non esistono diete depurative e l'unica contromisura è un'alimentazione bilanciata.
Quando è opportuno ricorrere a integratori
alimentari?
Unicamente quando si tratta di integrare particolari principi nutrizionali in un'alimentazione scorretta. Ad esempio: chi è intollerante al pesce va a cercare gli acidi grassi polinsaturi come gli omega 3 in altre sostanze, o li può assumere come prodotto separato. Un esempio è quello dei vegetariani e dei vegani che hanno imparato a integrare la propria alimentazione povera o completamente priva di proteine animali, con legumi e frutta secca. È infatti possibile mantenere un regime equilibrato anche senza carne.
Oggi sul mercato italiano ci sono almeno tre
diverse pillole dimagranti a uso medico. Come agiscono questi prodotti e quali
sono le controindicazioni?
I farmaci oggi in commercio sono tutti a prescrizione e agiscono sulla sensazione di fame, sul metabolismo dei arassi e sui fattori di rischio legati all'obesità come ipertensione, iperglicemia e iperlipidemia. Oggi però questi prodotti sono sottoutilizzati perché percepiti soprattutto come estetici. Attirano perciò donne giovani, mentre non ne fanno uso proprio i maschi di mezza età con obesità addominale, che potrebbero trarne maggior beneficio. Non si tratta però di pillole magiche e da sole fanno poco se non inquadrate in un approccio integrato. Tutto ciò che è invece automedicazione contro obesità e sovrappeso è assolutamente inefficace.
Imporre per legge un controllo sul valore
calorico dei cibi è una misura di sanità pubblica opportuna?
La commissione alimentazione e salute voluta dall'ex-ministro Girolamo Sirchia, e di cui ero io stesso presidente, era stata ribattezzata 'tagliaporzioni' perché proponeva di introdurre dosi minori anche nei ristoranti, ma lo scopo non era un'operazione impositiva, come la legge contro il fumo, quanto piuttosto un'operazione culturale per spiegare che se non si è degli atleti e si fa una vita sedentaria non servono porzioni di spaghetti da 200 grammi, ma ne bastano 80.
Che cos'è l'indice di massa corporea?
L'Imc (anche Bmi - body mass index) è il rapporto tra il nostro peso in chilogrammi e l'altezza in metri moltiplicata per se stessa. Se l'Imc è tra 18,5 e 25 si è "normopesi", tra 25 e 30 sovrappeso e sopra ai 30 inizia l'obesità che può avere diversi livelli di gravità. Un Imc inferiore a 18,5 indica invece una condizione di magrezza che può sfociare in anoressia. Questa scala di valori è stata elaborata dalle compagnie di assicurazione e va bene per studi di popolazione, ma non tiene conto della struttura corporea individuale. Più calzante, e assai più semplice da rilevare, è la circonferenza addominale. Il sovrappeso inizia con valori superiori a 94 centimetri nell'uomo e 80 nella donna, mentre si parla di obesità sopra i 102 cm per l'uomo e gli 88 per la donna.
Quali i rischi di un eccessivo scostamento dal
peso ideale?
Gli studi di popolazione mostrano che chi ha un Imc tra 18,5 e 25, a circonferenza addominale normale, vive più a lungo e si ammala meno degli altri. Una condizione di obesità comporta un aumento del rischio di diabete, infarto al miocardio, ipertensione, dislipidemia e di tumore del 50 per cento. Anche gli anoressici, in particolare con un Imc inferiore a 17, hanno maggiori rischi dei normopesi, ma che riguardano denutrizione, squilibri salini che possono indurre arresto cardiaco, ipotensione e carenze di aminoacidi e molecole che possono influenzare l'equilibrio psichico.
Come sta cambiando il peso degli italiani?
E' in preoccupante aumento. Con il 36% di adulti sovrappeso e il 9,2% obesi, quasi un italiano su due pesa più del dovuto. Ancora più grave è la condizione dei più giovani. Il 33% dei maschi e il 34% delle femmine tra i sei e i nove anni, ad esempio, ha problemi di sovrappeso od obesità e rischia di compromettere la sua salute da adulto, perché un bambino obeso ha l'80% di probabilità di restarlo anche da grande. In alcune regioni, come in Campania, l'obesità infantile colpisce addirittura il 27 per cento dei bambini.
L'obesità è una condizione da curare?
L'obesità riduce di almeno 10 anni l'aspettativa di
vita, ma è un disturbo che dipende da molti fattori, per metà legati
all'ambiente e per l'altra metà ad almeno un centinaio di geni. Ad oggi però una
cura risolutiva non esiste per gli adulti sopra i 30-40 anni. L'approccio più
efficace è quello interdisciplinare e integrato, che affronti aspetti
psicologici, comportamentali e medici, mirando alla prevenzione attraverso
un'attenta educazione alimentare.